Beh, cosa volevo dire? Niente, che arriva il momento dei saluti.
Tu sei un formidabile attore. Perché col più naturalissimo dei modi riesci a guardarmi rapidamente accennando un sorriso commosso, poi ti avvicini e pieghi testa e tronco per scendere dai tuoi 1,85 mt e appoggiare il tuo mento inclinandolo sulla mia spalla destra. Ci abbracciamo tra padre e figlio. Fin qua, cinema italiano (che poi non è vero, sto solo ricamando un po' sopra, era un bellissimo momento), musiche di viole e violini, e tutto bene.
Ma il meglio viene quando durante l'abbraccio, mi dici, piano piano, nell'orecchio "Vedi di fare bene Canebola".
Allora lì ci entra entro di tutto.
La tua maturità. Il tuo tempismo.
Io che mi beo di avere un figlio che ci tiene alle cose.
Io che penso subito dopo: oddio, ho allevato un paraculo che sa esattamente come blandirmi affinché io sia contento.
Ma poi, nel cuore sento il più classico dei battiti: quello sospirato, puro ed al tempo stesso incerto del voler bene e basta.
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