7 gen 2020

Delle cose materiali 2008

C’erano un volta due semplici e simpatici nonni, ancora arguti e cordiali, che ora attraverso i loro buffi silenzi ora parlottando tra loro, ora serenamente manifestando le loro opinioni, dimostravano un radicale amore per l’esistente.
E molto amore provavano certo anche per i loro tre nipotini.
Allora, come tutti i nonni, vollero donare loro qualcosa che potesse renderli felici.
Scelsero per ciascuno un lecca-lecca diverso per colore, gusto ed incartamento ma di uguale grandezza, per non fare differenze.
Ne comprarono anche un quarto.
Un pomeriggio su una delle panchine del quartiere, mentre nemmeno una macchina passava da quelle parti ed i grilli non avevano cominciato a cantare, ne offrirono uno ad ognuno, incartato e tutto, e poi scomparvero per sempre in una risata fumante di polenta.
I tre bambini, per nulla stravolti dall’accaduto, tornarono verso a casa.
Sulla strada intanto scartarono e cominciarono a mangiare il fottuto lecca-lecca.
Certo, la più grande dei tre, era già arrivata a metà, quando il secondo stava cercando di capire se era lui a tenere il lecca-lecca in mano o il lecca-lecca a tenere in mano lui, mente il terzo considerava divertente l’ipotesi che i nonni giocassero a lecca-e-sputa-più-lontano col grande Lecco-Lecco (detto anche Stecco-Lecco).
Ovvio che se due ragionavano così, la più svelta ad arrivare alla fine del lecca-lecca era destinata ad essere la più grande.
Arrivati a casa, o meglio in cucina, accadde inizialmente una cosa.
Un altro lecca-lecca infilato dentro ad una brocca da mezzo litro in vetro era ben visibile, in alto, sopra la dispensa delle merendine, giusto a fianco all’armadio con dentro le pentole.
La grande lo voleva, aveva finito il suo ormai da un pezzo e così disse ai suoi fratelli che ne aveva voglia e che lo desiderava.
Le richieste furono quelle di non osare, ma di aspettare un attimo che se lo sarebbero mangiato insieme poco dopo, tutti insieme.
Ma la più piccola scoiattolina, che coll’alluce destro aveva agguantato il bordo del primo pomello della credenza e che si stava già tirando su col ginocchio fino quasi ad appoggiarlo sul piano rientrato, accolse con malcelato rancore due calci alla tibia ed al ginocchio rimasto basso, che le fecero perdere l’equilibrio e cadere.
Dieci anni dopo i capelli della ragazzina erano lunghi ormai quasi un metro e mezzo ed il suo tempo lo passava a costruire con quei capelli un lungo lazo, che ella maneggiava ormai quasi fosse un prolungamento della sua mano, in attesa di essere in grado di sfidare quasi le leggi della fisica ed accalappiare con un unico gesto il lecca-lecca.
Allora i due fratelli, prima di assistere ad una scena come questa, montarono uno sulle spalle dell’altro, presero il lecca-lecca e glielo porsero, dicendole che ci sarebbero arrivati anche nove anni prima, ma volevano vedere fino a dov’è che poteva arrivare la sua golosità.
La bambina scartò il lecca-lecca e lo appoggiò sul tavolo, sorridendo, mentre con l’altra mano reggeva in aria la brocca.
Un raggio di luce da sud-ovest trafisse in quel momento la brocca di vetro dove, scritto a sbalzo, i tre all’unisono lessero con voce grave:
”Vi vogliamo bene”
“Uhm, non ci avevamo scommesso mica poi tanto che vi sareste trovati colpiti ancora da un unico raggio di luce, ma alla fine qualcosa di buono succede sempre, se non c’è cattiveria, vedete, per cui vi vogliamo sempre più bene”

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